Landscapes
Non sempre abitare un territorio significa riconoscere le caratteristiche che dominano i paesaggi e le tradizioni che animano la cultura, specie quando si tratta di luoghi generalmente considerati anonimi, come le periferie.
Eugenio Tibaldi si è avvicinato a questi luoghi e li osservati. Territori che non sono abbandonati, ma intensamente vissuti, al punto da risultare sovraffollati di presenze. Luoghi provati all’eccesso, occupati da una miriade di oggetti che, minuto dopo minuto, ribadiscono, silenziosamente, la presenza dell’uomo. L’intervento di quest’ultimo si sostituisce alla natura, facendo sì che questa sia vissuta all’estremo, cancellata per cedere il posto alle velleità di colui che la vive.
Eugenio Tibaldi si comporta come un antropologo che ogni giorno osserva i cambiamenti e registra gli interventi umani sul territorio. Questa osservazione quotidiana è accompagnata dalla ripresa fotografica. L’immagine è poi codificata attraverso la pittura. Quest’ultima è la vernice che cancella il dato universale per far emergere quello particolare, distintivo di caratteristici frammenti di mondo.
Una casa giganteggia: è in fase di costruzione e sembra continuare a crescere, senza sosta. Ne esiste un piano terra. Un primo piano è fase di costruzione, ma non è sufficiente, perché si prospetta già l’edificazione del terzo. Nulla è completato e sembra che tutto sia lasciato al caso, come i mattoni in bilico sul tetto. Non sappiamo chi è il proprietario, né da chi sia governata la volontà di costruire, però si vede un’antenna che documenta il dato umano, e un abete che documenta quello naturale.
I cartelli pubblicitari si allineano lungo la strada e assumono una presenza rigida, netta, che confonde. I messaggi si accavallano e si impongono, destabilizzando chiunque abbia voglia di leggerli. Così nelle diverse rappresentazioni Eugenio Tibaldi ne registra la presenza fisica, che diventa assenza comunicativa. Altre volte fa il punto su specifici messaggi che diventano efficaci per l’apporto grottesco e paradossale.
Al di là di un cancello si distribuiscono i copertoni delle auto: di giorno in giorno aumentano, fino a coprire il paesaggio. Si ammassano e divengono vere e proprie architetture, montagne artefatte.
Un’istallazione di acquerelli ricapitola un iter tematico e l’uso di una costante cromatica rende meno squillanti i messaggi pubblicitari che continuano a sfilare seppure più silenziosi. Un guardrail deformato dall’impatto violento con un’automobile rimane abbandonato e, assumendo una nuova forma, diventa elemento caratterizzante di un paesaggio. Le marmitte e i brandelli di motore ammassati come sculture informi, le sfilze di cassonetti che si sviluppano lungo le strade: queste sono le architetture che animano i Landscapes di Eugenio Tibaldi, paesaggi suburbani, distanti dalle città, e vicini all’uomo, che li vive fino a modificarli, revocando qualsiasi continuità storica, imprimendo una nuova realtà sociale, specifica e anomala, reale e autentica.
Tiziana Di Caro