TEMPORARY LANDSCAPE Erbari, Mappe, Disegni
A cura Di Marco Scotini
il PAV è lieto di inaugurare la mostra personale di Eugenio Tibaldi dal titolo Temporary Landscape. Erbari, mappe, diari. Curata da Marco Scotini, l’esposizione intende focalizzarsi sull’opera grafica dell’artista, come modalità ibrida al confine tra rappresentazione estetica, fotografia, progettazione architettonica e riflessione teorica. Tale comunque da presentarsi come modello eterogeneo di conoscenza e di intervento ambientale in grado di registrare le trasformazioni ecologiche del nostro tempo sulla micro-scala, nell’obiettivo di trovare una precaria e mai definitiva corrispondenza tra realtà franta e sua rappresentazione temporanea, tra uomo e ambiente, in sostanza.
Se è vero che da sempre la ricerca di Eugenio Tibaldi si focalizza sulle dinamiche informali di appropriazione dello spazio e sull’attenzione ai territori marginali, è altrettanto vero che questa nuova mostra ruota attorno al diario grafico che l’artista ha prodotto durante la pandemia e chiamato Heidi, dove il rifiuto della retorica di una natura incontaminata si accompagna al rifiuto, altrettanto categorico, del progetto neoliberista ed estrattivista che, come tale, non può essere certo curato da un mitico mondo perduto. Al contrario ad agire nella pratica di Tibaldi è tanto quel concetto di porosità che Walter Benjamin e Asja Lacis avevano individuato a Napoli quanto quello di “filosofia del rotto” che il loro amico Alfred Sohn-Rethel aveva teorizzato nella stessa città, negli anni ‘20.
L’attenzione di Tibaldi alle aree periferiche si appunta sempre sulla ricchezza delle biodiversità e su quelle che l'artista definisce le loro “risultanze estetiche”, un insieme di soluzioni informali, vernacolari alle necessità degli abitanti, realizzate da questi in maniera del tutto spontanea ed autonoma: Tibaldi le attraversa, le analizza e le campiona, costruendo elementi di un inventario che va poi a stratificare all’interno delle sue opere, facendo emergere ora le macro dinamiche, ora i dettagli, di un complesso rapporto fra legalità, economia, società ed estetica. La produzione dello spazio è la pratica permette di cogliere l’ecosistema come piano delle relazioni in cui le esistenze e l’ambiente si modificano dinamicamente e si inventano reciprocamente. Le aree periferiche” afferma l'artista “con i loro ‘non confini’, si prestano ad entrare in relazione con il materiale umano secondo dinamiche ‘altre’ da quelle centrali, dando luogo a soluzioni adattative e di convivenza tra le parti spesso impreviste”. In questo spazio di ecologie del margine Tibaldi attiva una pratica da bricoleur, mosso da un desiderio di de-professionalizzazione e di riappropriazione dei poteri autonomi e collettivi sottratti dal capitalismo.