MARSHY
XX premio Casoli, a cura di Marcello Smarrelli
Marshy è l'opera realizzata da Eugenio Tibaldi, in occasione della XX edizione del Premio Ermanno Casoli, per la EMC FIME di Castelfidardo in provincia di Ancona, nelle Marche.
Tappa importantissima in occasione della quale si è voluto realizzare un progetto che fosse particolarmente significativo, considerando le complesse questioni che stanno caratterizzando gli ultimi anni: la pandemia, la guerra .
La scelta di Eugenio Tibaldi non è stata casuale. La sua capacità di analisi e di definizione degli scenari sociali e economici, la facilità di relazionarsi con le persone e le organizzazioni, la sua attenzione al concetto di margine e alle conseguenze estetiche che ne derivano, ci hanno convinto che fosse l’artista perfetto per creare un'opera site-specific che parlasse di questo particolare momento in cui, usciti dal lungo isolamento forzato, c’era la volontà di ripartire con un nuovo bagaglio di valori e consapevolezze.
Durante le micro residenze sul territorio, Tibaldi si è diviso fra escursioni naturalistiche e lunghi periodi all'interno dell'azienda per poi decidere di focalizzare la sua attenzione sul concetto di scarto: “Durante il lockdown mi sono sentito intrappolato anzi letteralmente impaludato in un luogo in cui il rapporto fra spazio e tempo si era completamente ribaltato. Un immobilismo in cui è stato inevitabile fare i conti con gli aspetti peggiori del mio carattere e affrontare quelle parti di me che avevo scartato”.
Il progetto si è sviluppato attraverso un processo durato oltre un anno, in cui Tibaldi è entrato in stretto rapporto con il fitto tessuto industriale di quest’area delle Marche, ma anche con l’ambiente naturale circostante caratterizzato dalla presenza di numerosi acquitrini o guazzi paludosi. Veri e propri ecosistemi, scelti dagli uccelli migratori per riposare, furono importantissimi nella storia dell’evoluumana costituendo il punto di passaggio dei primi organismi viventi dagli oceani alla terra ferma.
Marshy (in italiano palude, stagno) nasce dalla fascinazione di Tibaldi per i luoghi marginali, gli spazi liminari, le aree di confine, la materia instabile e vibratile. Quest’opera ribalta l’immagine della palude, spesso usata come metafora dell’immobilità e luogo inadatto agli insediamenti umani a meno di non essere bonificato, per esaltarne la sua natura di spazio germinale per antonomasia, generatore di biodiversità uniche.
Per la collocazione dell'opera è stata individuata un’area fortemente evocativa, posta fra i due edifici produttivi dell'azienda, da cui si gode di una vista privilegiata sul centro storico di Castelfidardo.
Marshy presenta una vasca circolare del diametro di 12 metri con una piccola isola centrale, a cui si accede attraverso tre sentieri. Qui ci si ritrova immersi tra elementi artificiali ispirati alla flora e alla fauna tipici delle paludi, realizzati dall'artista insieme ai dipendenti dell’azienda usando i materiali di scarto della produzione. Abita l’ambiente una variegata quanto variopinta comunità di oltre 250 volatili individuati attraverso la somministrazione, a tutti i dipendenti del gruppo Elica nel mondo, di un questionario in cui si chiedeva di identificare un volatile in grado di rappresentarli.
Inoltre, tra arbusti e volatili compaiono oltre 400 posate e utensili domestici che le persone di EMC FIME hanno prelevato, su indicazione dell’artista, tra quelli più malridotti e inutili della propria cucina. Un ambiente scartato popolato di scarti.
Completa la grande opera ambientale un inserto sonoro - realizzato con il maestro Andrea Naspi in collaborazione con la storica azienda di Fisarmoniche Pigini - che imita il suono degli uccelli, rendendo l'esperienza della visita completamente immersiva.
Nulla è reale all'interno dell'installazione. Il risultato finale è un luogo di totale sospensione, un punto privilegiato inserito all'interno dell'area industriale a sancire la vera natura non-monumentale di quest'opera: un “non luogo” lo definirebbe il filosofo Marc Augè, un “super luogo” lo definisce Tibaldi. Un punto lontano dai riflettori dove gli scambi e le interazioni sono continue e spasmodiche, uno spazio che diventa metafora del rapporto fra uomo e natura, un pensatoio in cui riflettersi e riflettere.